08.04.2024 Marco Ferrante

Confini

Dopo molti mesi di preparazione, l’AI Act, il regolamento sull’intelligenza artificiale, è stato approvato dal Parlamento europeo. 

Seguirà il pronunciamento del Consiglio europeo e in un orizzonte di due anni la graduale attuazione delle norme. Contiene alcuni divieti. I principali riguardano l’utilizzo di social scoring, di polizia predittiva (l’uso statistico di informazioni preventive tipo “Minority Report”), il riconoscimento delle emozioni facciali a scuola e nei posti di lavoro, i meccanismi discriminatori automatici, il riconoscimento biometrico con l’eccezione dei casi di persone scomparse e di operazioni antiterrorismo. Contiene anche delle prescrizioni, per esempio la trasparenza dei meccanismi di funzionamento degli algoritmi e le regole di allenamento di prodotti come ChatGPT.

Per il momento è il primo provvedimento al mondo in questo settore. L’efficacia di regole proiettate su un futuro in costante evoluzione porta con sé un dibattito che resterà nella discussione pubblica dei prossimi anni: se sia necessario e a che cosa servano provvedimenti che investono settori ad alta tecnologia soggetti a tempestosi cambiamenti. L’inseguimento tra progresso scientifico/tecnologico e regole è un punto centrale della contemporaneità in molti ambiti normativi e in ognuno di essi fa discutere. È vivo, e così resterà, il confronto sulla transizione ecologica soprattutto nel campo dei trasporti, ancora oggi fattore produttivo trainante della ricchezza globale. È prevedibile che il confronto crescerà in un’area completamente diversa e più profondamente umanistica della nostra convivenza politica, e cioè il futuro regolatorio nei controversi processi contemporanei di concepimento assistito, maternità, identità sessuale e fine vita.

In Europa esiste una tendenza storica all’iper-regolazione. In passato è servita a fissare regole per l’accesso a quello che resta il primo mercato mondiale per concentrazione di ricchezza. Oggi l’iper-regolazione rischia di essere solo un tentativo di fissare uno standard intellettuale e un primato psicologico. Secondo una parte degli osservatori e dei portatori di interessi nel campo dell’IA ha senso solo se proiettata in una trattativa globale sulle regole. Dove, quando e come è tutto da decidere.

Le riflessioni sulle regole e le decisioni da prendere avranno un grande peso, ma mai come nei prossimi decenni dovranno fare i conti con accelerazioni tecnologiche e politiche senza precedenti e imprevedibili. Le transizioni incrociate, digitale, energetica, ambientale, saranno cruciali per gli equilibri globali.

Prendiamo uno dei dati disponibili che aprono scenari impensabili, ai confini estremi del possibile. Secondo una stima della NASA gli asteroidi alla nostra portata ospitano minerali per un valore di 700 quintiliardi di dollari. È una cifra difficile da scrivere e da immaginare (un quintiliardo è uguale a dieci alla trentatreesima), equivalente ad alcuni milioni di miliardi di volte la ricchezza prodotta ogni anno sul pianeta. Anche se assumessimo una dimensione delle quantità in teoria disponibili molto minore delle cifre di cui sopra, nel medio termine che conseguenze avranno le nuove esplorazioni spaziali sul mondo come lo conosciamo? Ci sono almeno due ordini di fattori da considerare. Il primo – in un orizzonte di tempo imprecisato – riguarda l’assetto dell’uomo cittadino e consumatore nell’universo globalizzato. 

Considerando che la quantità totale di oro estratto sul pianeta Terra equivale grosso modo a un cubo di 20 metri di lato (immaginate un palazzo di cinque piani), che cosa accadrebbe se questa quantità improvvisamente si decuplicasse? Che effetti ci sarebbero, per esempio, sulla stabilità delle valute? Seconda questione, probabilmente più vicina nel tempo. L’accelerazione tecnologica metterà a disposizione dell’uomo grandi disponibilità di materiali e grandi prospettive di epocali trasformazioni, ancora più rivoluzionarie di quanto siano state nelle nostre attuali vite Facebook, Amazon, l’iPhone, o le continue novità della serrata avventura spaziale di Musk. Da chi e come saranno governate? E come entreranno i nuovi soggetti economici nella vita pubblica globale, con che forza, con che dimensioni e con quali limiti? Quando a metà dell’Ottocento gli Stati Uniti svilupparono il mercato interno che avrebbe determinato la forza economica del nuovo mondo, nacquero i grandi imperi monopolistici dei Vanderbilt, Carnegie, Rockefeller, Gould, Frick, Morgan, Du Pont. Il governo federale americano assorbì la forza di

enormi poteri non statali che derivavano dallo sviluppo economico di quei tempi. Lo fece con strumenti tecnici, per esempio lo Sherman Act, ma soprattutto con una forza politica implicita e autogenerata dalla storia. Oggi, in una situazione paragonabile a quella di allora, le dimensioni delle imprese protagoniste sono molto più cospicue e il mondo intorno a noi politicamente instabile, quasi come allora, con grandi potenze in cerca di maggiore influenza.

È difficile immaginare che l’astratta forza delle norme sarà sufficiente a regolare conflitti economici, ambizioni prometeiche, cambiamenti vorticosi. Serve che le norme riflettano un nuovo e condiviso equilibrio che dobbiamo continuare a perseguire. Ed è necessaria una creatività politica che sappia immaginare tracce possibili di futuro e delimitare i confini dello spazio economico e culturale in cui vivremo. L’intelligenza artificiale è uno di questi territori.