12.12.2023 Massimiliano Lussana

Cosa c’entra l’arte con le macchine?

Ecco, tutto sta in questa domanda, talmente secca e semplice da essere totale e totalizzante.

E, in fondo, è quasi il riassunto del concetto di “Civiltà delle Macchine” e degli insegnamenti di Leonardo Sinisgalli.
E allora proviamo a rispondere passando da varie voci.
A partire da quella di Franco Garelli, artista vissuto fra il 1909 e il 1973, a cui è stato dedicato un libro appena edito da Sagep che è antologico, a partire dal titolo: “Umanesimo tecnologico”. E allora rieccoci qui, a un binomio che sembrerebbe quasi un ossimoro.
Del resto, la copertina del libro dice già tutto: c’è un’opera, una sorta di installazione che sembra il manifesto di un film di Tim Burton, con pezzi accatastati, quasi raffazzonati, ma di una poesia totale e sublime.
“Amo l’operazione fisica del fare” è la frase-manifesto di Garelli e in questo catalogo antologico definitivo c’è tutto: dagli esordi alle ricerche più ardite dell’”arte informale”, di cui Garelli fu il maggior esponente italiano, con tecniche di scultura in metallo e ceramica.
E poi, soprattutto, quando lascia il lavoro da odontoiatra per dedicarsi totalmente all’arte inizia a lavorare su tutti i materiali che spiegano in poche parole cosa c’entra questa storia su “Civiltà delle macchine”: resine industriali, materiale plastico, tubi, lamine di ferro ripiegate su se stesse, colorate con vernici industriali e “materiali vari dall’organico all’inorganico: legni, ceramica, bronzo, ferri, persino paste alimentari e formaggi, fino alla più avanzata riqualificazione di trouvailles meccaniche e di laminati”.
Ecco, questa è arte, splendida arte, anche con materiali totalmente inusuali in un museo o in una pinacoteca o in una galleria.
E, in qualche modo, è la stessa storia di uno dei maggiori artisti italiani di oggi che dell’uso dei materiali fa il suo marchio di fabbrica, straordinario.
Si chiama Augusto Sciacca, vive e lavora a Bergamo ed entrare nel suo laboratorio è come entrare in una “fabbrica”. Nel senso di una fabbrica della bellezza, con materiali e strumenti degni davvero di uno stabilimento, nel concetto più alto e nobile che la parola sa avere. E pensate che lui, architetto, nei primi anni insegnò nelle scuole una materia splendida che si chiamava “applicazioni tecniche”.


Ecco, se possibile, tutta l’arte di Sciacca, straordinario artista, ha le “applicazioni tecniche” come cifra stilistica e l’uso dei materiali è qualcosa che commuove ed emoziona nelle sue scorribande attraverso l’arte: le mappe, i flani, lo spazio-pluriverso, il cosmo, la ricerca fra spazio, materia e luce, le cosmogonie, la memoria, il viaggio quasi da tragedia greca fra violenza da un lato e innocenza e pietas dall’altra” e i libri d’artista.
E, anche in questo caso, esattamente come per Garelli, l’uso dei materiali è quello che fa la differenza, l’anello mancante fra arte e fabbrica, fra materia e realizzazione.
Ma parlare di arte e tecnologia è anche parlare di restauro e di tecnica del restauro. E così, passando dalla più moderna delle arti alla più antica, è possibile raccontare altre storie, anch’essere perfette per Civiltà delle macchine e tutto ciò che questo concetto significa.
Uno che parla spessissimo di restauro e restauri è il sottosegretario di Stato al ministero della Cultura del governo di Giorgia Meloni, Vittorio Sgarbi che, ad esempio, proprio nella notte fra venerdì e sabato scorsi, a Fano, nelle Marche che ama moltissimo, ha visitato la mostra su Perugino con una specie di blitz notturno, celebrando non solo l’ottima collaborazione fra tutti i soggetti interessati, ma soprattutto “il talento e la genialità di Pietro Vannucci, noto come Pietro Perugino. Davvero interessante anche tutta la narrazione relativa alla fase del restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure che ha fatto uno splendido lavoro. I risultati sono evidenti. Nella notte di Fano, tutta la luce è del Perugino".
Un’altra città dove Sgarbi è spessissimo è Genova, che ama. E si è speso moltissimo per commentare la vicenda dell’opera “Cristo risorto appare alla Madre”, esposta nella mostra “Rubens a Genova” ospitata a Palazzo Ducale e poi sequestrata dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Quel giorno Sgarbi ci raccontò che quel quadro era a suo parere semplicemente brutto. Ma al di là della contesa sull’attribuzione e del sequestro per “esportazione illecita e riciclaggio” da parte dei carabinieri del nucleo di difesa del patrimonio culturale, la storia che ci interessa è una rarità: infatti l’opera rappresenta il Cristo risorto in piedi davanti a due donne inginocchiate. Ma ora è visibile tra la Madonna e Cristo una terza figura. Si tratta probabilmente di una creazione precedente, un “ripensamento” che Rubens aveva poi deciso di non mantenere nell’opera definitiva, ma questo dettaglio – unico – è tornato visibile dopo un restauro effettuato nel 2014.

Foto di Adrianna Geo - Unsplash.com

E qui arriviamo all’arte del restauro, che è proprio l’esaltazione della tecnica e della civiltà delle macchine nel suo punto di incontro fra umanesimo e scienze. 

Sempre a Genova, a Palazzo Bianco, uno dei Palazzi dei Rolli che furono i primi “alberghi” della storia, c’è un deposito che, in qualche modo, è una “galleria bis” segreta, normalmente chiusa al pubblico, ma aperto straordinariamente grazie a uno dei “Mercoledì della cultura” di Villa Montallegro. E qui le tre curatrici dei Musei di Strada Nuova Raffaella Besta, Margherita Priarone e Martina Panizzutt hanno raccontato le storie dei restauratori e le loro specificità nell’operare. Ad esempio, quelli tipici degli anni Cinquanta, con reintelaiatura e schiacciamento della tela, qualcosa che farebbe inorridire un restauratore di oggi, ma che allora era il massimo della tecnica disponibile e pensabile.

E così in questo viaggio circolare attraverso tecnica e arte torniamo al libro edito da Sagep su Franco Garelli, “Umanesimo tecnologico”, che è stato presentato ufficialmente fra gli altri da Filippo Biolè, presidente dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, e da Giacomo Montanari, storico dell’arte che è il maggior esperto al mondo proprio sul sistema dei Rolli.
Insomma, è una storia circolare questa, una sorta di “Alla fiera dell’Est” dove tutto si incontra e si tocca. E visitando la chiesa di san Donato nei vicoli di Genova, al centro del centro storico più grande d’Europa - nel corso della Smart Week di Genova, un cameo offerto da Carlo Silva agli ospiti di Genova - proprio Montanari nella sua lectio magistralis partita per strada sul sagrato e terminata in chiesa e nella cappella ha attaccato: “Diffidate dei restauri, spesso addirittura vengono pulite le patine messe appositamente dagli artisti sulle figure”.
Passaggio definitivo dal racconto del restauro dell’arte a quello dell’arte del restauro.
Sembra un gioco di parole da settimana enigmistica, è il cuore di questa storia.