26.02.2024 Eugenio Mazzarella

Distopia digitale, distonia del futuro. Ecco noi come siamo

Quello che vi apprestate a leggere è un articolo passatista. Non nel senso, però, di una nostalgia per un passato che non c’è più. Piuttosto perché si intrattiene sul passato prossimo venturo. Sul passato che verrà, vale a dire il presente (ovverosia noi come siamo) che si appresta a non esserci più. In qualche suo aspetto distopico.
I listini di borsa “gridano” il balzo in avanti delle azioni di Nvidia, azienda che produce microchips di ultima generazione. Un balzo azionario che porta questa azienda, guidata dal suo fondatore, Jensen Huang, americano di origine taiwanesi, ad essere la terza azienda per capitalizzazione al mondo, dopo Apple e Microsoft. Per Goldman Sachs allo stato quella di Nvidia è “l’azione più importante al mondo”.


Il successo di Nvidia si deve all’intuizione di Huang che i microchips usati per la grafica dei videogiochi erano in grado di processare meglio e più velocemente l’imponente capacità di calcolo necessaria a cose come ChatGPT, a potenziare cioè gli algoritmi che sostengono lo sviluppo dell’IA generativa. Sostanzialmente Nvidia detiene il monopolio dei microchips del futuro, dei neuroni di calcolo della rete dell’IA che “invilupperà” sempre più il mondo e la nostra società e ne guiderà lo sviluppo a sua immagine e somiglianza: il mondo di nuova generazione sarà sempre più artificialmente intelligente. 
Sembra un buon affare per tutti. Una corsa ad investire che ha pochi precedenti e disegna un capitalismo che punta a un sistema di produzione basato sull’IA generativa: un mondo di macchine che produrranno all’occorrenza anche altre macchine imparando da sé magari a farle, e manderà in soffitta la fatica e il dolore del lavoro, e anche il conflitto sociale tra capitale e lavoro. A patto, però, su quest’ultimo punto, che la nuova società digitale, il capitalismo digitale, sia in grado di offrire un’alternativa alla sempre più marcata penuria di lavoro, non solo fisico-pesante, ma intellettuale. Tanto più che se lavoro intellettuale è sostanzialmente calcolo, cosa o chi meglio dell’IA generativa?

L’interregno dell’avvento di questo capitalismo digitale è tutto impegnato a regolare l’implementazione dell’IA nel ciclo di produzione sia economico che dell’immaginario sociale, perché di questa società sia sostenibile il suo passaggio alla fase matura, quando non ci saranno più lavori da sostituire e da inventare perché lo farà in proprio a richiesta del capitale (forse) l’IA generativa. Tanto più che già oggi la globalizzazione finanziaria dell’economia vede da qualche decennio, dopo che nel ‘900 si erano alimentate aspettative sociali di massa crescenti, queste aspettative sociali di massa, al dettaglio delle singole vite, in piena turbativa di massa, perché assolutamente decrescenti. Situazione foriera di istanze populistiche di protezione dalla “privazione relativa” dell’impoverimento di massa di ceti già “affluenti”, additivo al flagello delle sempre persistenti povertà assolute. Il tutto in quadro di “ritorno della diseguaglianza” come paradigma dell’economia globale finanziarizzata.


Senza entrare nel merito (questione sensibile per le società che ambiscono ad essere democratiche) che una democrazia siffatta possa risultare per molti o moltissimi (al di là del truismo che la democrazia è pessima, ma il resto è peggio) in mancanza di meglio) non aver nessun titolo morale ad essere politicamente difesa da chi la subisce, e questo neanche in cambio di un liberismo valoriale sugli usi e costumi affettivo-sessuali per guadagnarsi l’acquiescenza sociale alla povertà, a una libertà povera, senza sostanza socio-economica, alla libertà del liberismo economico della libertà degli affamati – senza entrare nel merito di questa questione politico-morale di principio, la situazione socialmente incandescente che ne risulta, sembra, per la sua soluzione governamentale sempre più affidata, oltre a quella già richiamata dei diritti di ultima generazione così connotati, a droghe sociali di vario genere. Finalizzate a far tollerare ai “milioni” del mondo del consumo, che arricchisce i pochi che gestiscono il supermercato globale, l’insopportabile diseguaglianza e la povertà, assoluta e relativa (percepita) che ne viene.
Ora, al di là della contrazione demografica in atto nelle società già digitalmente mature, ammesso che si continui a nascere, il punto è cosa offrire e in sostanza come “tenere buoni” i nativi digitali, le nuove generazioni (videogiochi a parte). Quali saranno in altri termini le fonti di sostentamento per rendere loro sostenibile la vita di diseguaglianza che li aspetta in assenza o in penuria per altro di lavoro, tolto loro dallo sviluppo delle “macchine” più intelligenti e produttive di loro? Una vita che toglie “comunità” ai singoli destini, e al più li affida al ritorno alle “tribù”. Garantire, cioè, un surrogato, sia pure in piena anomia, di coesione sociale, e impedire in una società così declinata non un’improbabile rivoluzione, ma un’ingovernabile rivoltosità sistemica. Istanza di messa in sicurezza del sistema già ampiamente affidata alla mediazione governamentale di una demokratura digitale, che se non basterà potrà sempre ricorrere ai microchips nel cervello cui lavora oggi per i disabili, domani per i “disabilitati sociali”, Elon Musk.

In sostanza si tratterà di garantire a quelli che, nascendo, “migreranno” dalla “vita di prima” nella neo-vita digitale un corridoio sociale umanitario sostenuto da un reddito da lavoro (i fruitori saranno la futura aristocrazia operaia del digitale), ovvero un reddito di sostegno vitale alla neo-cittadinanza digitale priva di lavoro. Un Existenz-Minimum di massa, che da tempo si teorizza come welfare universale indispensabile a un futuro senza o con pochissimo lavoro, e che già oggi, tra penuria di lavoro e lavoro povero, si prova a proporre con varie forme di reddito di cittadinanza. La soluzione sembra compatibile con il sistema di produzione a venire, confermando la capacità del capitalismo di vivere di “crisi” rinegoziando il conflitto capitale-lavoro. Per i benvolenti una buona soluzione tecnico-gestionale, in linea con le obiettività strutturali di un’economia delle macchine digitali tanto più generative.
Ma (il diavolo fa le pentole ma non i coperchi) quale sarà il tono esistenziale di una vita dalle macchine “liberata” dal lavoro? Come si potrà gestire l’angoscia, l’ansia, la noia di una società, andasse ad effetto la sua progettazione, di “consumatori” di tempo libero dal lavoro? Liberata dalla “Necessità”, sogno di un uomo stanco di sé stesso come homo laborans.

E sì, il problema si pone perché l’aborrita necessità (cui il sapere è sempre inferiore come faceva dire al suo Prometeo Eschilo, anche se oggi pare anche no) è l’innesco del lavoro dello spirito (da quello delle mani e a quello della mente) come lo conosciamo, e quindi è l’innesco del piano di senso della vita. Pensare che questo piano di senso di cui sarà privato un consumatore non più produttivo di sé stesso e per sé stesso, possa venir surrogato da un’educazione estetica dell’umanità il cui tempo si sarà fatto tutto libero grazie alle macchine, è, a questo livello fondativo del nostro esserci – quanto meno quello conosciuto – una pura idiozia, Che pure si sente, oggi che la fitness del corpo che abbiamo largamente perso dai campi alle officine la recuperiamo in palestra o seguendo le indicazioni delle app al polso per le passeggiate di salute e il tono cardio-circolatorio.


Immaginabile che la fitness dello spirito la recupereremo nelle gallerie d’arte? Bah, forse per una ristretta cerchia di kantiani della Critica del giudizio. Piuttosto è probabile che ricorreremo sempre di più a stupefacenti di massa organici, farmacologici e digitali, a cominciare dai concerti rock, che hanno sostituito le tragedie greche a farci sopportare “gli orrori dell’esistenza”. Quelli che “il greco profondo” sublimava sulla scena nel dialogo tra Apollo e Dioniso. Parafrasando Nietzsche si potrebbe titolare questo processo “la nascita della tragedia dallo spirito del tempo libero”. Perché senza necessità di risolvere i problemi, senza dover trascendere più nulla della situazione data, verrà meno anche la curiositas intellettuale, e l’unica domanda residua, per chi non fosse sufficientemente drogato per reggere l’horror vacui del “tempo libero”, sarà forse quella filosofica sul senso scoperto, il niente, della nuova creazione di un Dio imbecille, cioè l’uomo che del vecchio Dio ha preso il posto. Perché a proposito di Nvidia, l’invidia degli dei la si paga.

 

Credits Copertina: Midjourney Bot @astanfel