22.03.2022 Giovanni Vasso

Il lavoro dei campi si fa digitale e non per moda

Il drone sorvola il campo, il trattore lo ara e dialoga con il computer a cui, nel frattempo, le centraline installate nell’uliveto hanno trasmesso la temperatura interna delle foglie degli alberi in tempo reale consentendogli di ordinare, immediatamente, l’antiparassitario giusto per prevenirne le malattie. 

Se una volta Esiodo guardava alle Pleiadi per capire i tempi giusti per la semina, oggi il contadino può affidarsi alle analisi dei satelliti, tra cui Copernicus e la sua “flotta” di Sentinel, per prevedere come sarà il raccolto.

L’agricoltura entra nell’era dell’informazione. Sta già succedendo, ormai da anni, nelle grandi tenute del Nord America e dell’Australia. Dove è ormai una prassi consolidata. Ma anche in Italia il lavoro dei campi si fa digitale e non per moda. Nonostante il fatto che, qui da noi, la “regola” sia quella dell’impresa di piccole o medie dimensioni, cresce il numero di coloro che si affidano alla tecnologia per allargare le potenzialità del proprio lavoro. L’unico limite, in questo caso, non è il cielo. Ma le infrastrutture della banda larga che ancora non sono completamente diffuse e a disposizione nelle aree periferiche e rurali del nostro Paese.

A Fieragricola a Verona, all’inizio di marzo, Coldiretti ha presentato i dati relativi all’agricoltura di precisione in Italia. Le aziende hanno investito, nell’ultimo anno, una somma complessiva stimata in ben 650 milioni di euro. L’anno prima, gli investimenti nelle infrastrutture agricole 4.0 era stato quantificato in 540 milioni. Solo all’inizio del 2020, Coldiretti e l’osservatorio Agrifood avevano riferito che gli investimenti delle aziende nella tecnologia digitale erano pari a 100 milioni. Certo, si tratta di numeri importanti e di un andamento in ascesa che “risentono” in maniera positiva degli incentivi messi a disposizione delle imprese. Ma queste cifre rendono conto, anche, dell’interesse attorno all’evoluzione agricola.

L’agricoltura di precisione o 4.0 promette faville. Perché l’obiettivo non è limitato ad automatizzare i processi di lavoro, come era accaduto con la “sola” meccanica, bensì a fornire il maggior numero possibile di informazioni al contadino. Questo è un punto fondamentale, la conoscenza per poter decidere e scegliere al meglio. Senza non si riesce a granché. L’agricoltura è sapere se è vero, come lo è, che le scaturigini della civiltà e della cultura stessa prendono le mosse proprio dalle conoscenze tramandatesi lungo i secoli dai contadini.

La conoscenza, dunque. Avere sotto controllo tutto ciò che si può sapere, magari anticipando il concetto di “tempo reale”. In modo che l’agricoltore riesca a ottimizzare gli sforzi e massimizzare i profitti. Per riuscire fare ciò, la tecnologia messa a disposizione delle imprese agricole si basa sull’applicazione al lavoro dei campi l’analisi dei big data, l’IA e l’Iot, cioé intelligenza artificiale e internet delle cose. Il trattore, ad esempio, equipaggiato con Gps e dispositivi digitali, riesce non solo ad arare e seminare con scientifica precisione, evitando la dispersione delle sementi, ma comunica i dati in tempo reale a un computer che, così, riesce a tenere conto del lavoro svolto.

Dalla terra al cielo: l’evoluzione tecnologica dei droni ne consente un utile, variegato e proficuo utilizzo in agricoltura. Si possono usare, ad esempio, per analizzare lo stato delle colture sul terreno. Il velivolo, debitamente apparecchiato con macchine fotografiche a tecnologia multispettrale, riesce a fornire dati su ogni porzione di terreno “censita”, magari, dal passaggio del trattore. Le immagini e i dati raccolti confermeranno se il terreno stia rendendo o sveleranno se (e in alcuni casi anche quali) ci siano problemi di sorta. Un ulteriore uso dei droni riguarda l’irrigazione dall’alto delle piante. La versatilità del mezzo riesce a superare i limiti fissi degli impianti tradizionali consentendo la possibilità di intervenire su singole porzioni del terreno e in maniera uniforme su tutte le colture.

Sul piano della prevenzione, si registra l’utilizzo sempre più massivo delle centraline. Specialmente per quanto riguarda le colture arboree. La tecnologia su cui sono basate cambia a seconda del modello e del compito specifico che si propongono ma, di fondo, hanno tutte lo stesso scopo: monitorare lo stato di salute delle piante. Possono farlo rilevando la temperatura e tasso di umidità degli arbusti oppure fornendo immagini in sequenza e alta risoluzione delle piante stesse. In questo caso, funzionano un po’ come le fototrappole utilizzate dalle guardie forestali (e dai documentaristi) per tracciare gli animali selvatici o dai Comuni per inchiodare e sanzionare chi deposita e abbandona rifiuti. I dati rilevati da centraline e fototrappole, debitamente analizzati dall’Intelligenza artificiale e quindi dall’uomo, sono potenzialmente in grado di prevedere (e dunque prevenire) le infestazioni di parassiti. Che sono letali per le colture, e i recentissimi casi relativi alla Xylella per gli ulivi e al Cinipede galligeno per i castagni lo dimostrano fin troppo chiaramente.

Ma non basta ancora. I satelliti e la blockchain promettono di offrire il loro contributo, decisivo, allo sviluppo dell’agricoltura. I primi analizzando dall’alto interi territori, consentendo così macroprevisioni sistemiche. La seconda mettendo a disposizione tecnologie utili ad attestare tracciabilità e genuinità dei prodotti.

Una rivoluzione importante, dunque. A patto, ovviamente, che vengano potenziate le infrastrutture digitali della banda larga. Non più solo nei grandi contesti urbani ma anche nelle aree rurali, dove al momento sembrano non essere all’altezza della bisogna. Costringendo così le imprese a rinviare gli investimenti in tal senso.

Sarà, inoltre, importante capire lo sviluppo della robotica al servizio delle imprese agricole. Intanto Coldiretti, nel suo stand all’edizione di quest’anno di Fieragricola, ha presentato il robot vignaiolo. Si chiama Ted, è un marcantonio più alto di due metri che pesa 1.600 chili, collegato a un sistema di gps è capace di attendere ai lavori che richiede la cura dell’uva e della vigna. Considerando l’importanza e la strategicità del settore vitivinicolo nell’agricoltura italiana, la novità è importante e capire quale sarà il suo impatto sarà interessante anche in chiave squisitamente occupazionale ed economica.

La domanda, infatti, torna uguale a se stessa e questa volta spunta fuori dai campi di grano. I robot sostituiranno gli uomini, in particolare i braccianti? Con quali conseguenze? 

Accadrà come è già successo con il trattore negli Stati Uniti che ci ha raccontato Steinbeck e ci ritroveremo a rileggere un’edizione aggiornata di “Furore”, inseguendo con Bruce Springsteen, il fantasma arrabbiato di Tom Joad? Oppure il lavoro agricolo “umano” cambierà ancora e si aprirà il mercato a figure nuove, inedite, preparate e altamente professionalizzate?