09.05.2023 Ginevra Leganza

Il Metaverso e i nuovi nerd

Metaverso: una definizione

Siamo all’anno zero del Metaverso. Ecco perché occorre partire da una definizione minima di questa parola che adombra un mondo avveniristico, connettivo, forse capace di mutare i connotati all’ambiente umano e di ridescrivere l’antropologia del nerd (già abbastanza complessa, al netto di ogni semplificazione). Ovvero di farci ripensare quel ragazzo che – nell’arco di pochi decenni – ha cambiato il mondo.

Secondo Simone Arcagni, esperto di nuovi media e cultura digitale, il metaverso “al singolare” non esiste. Per prima cosa, dunque, sarebbe corretto chiamarlo “multiverso”. Non esiste infatti un metaverso unico, un monilite cui tutti siamo potenzialmente connessi. Per contro, oggi, esistono una pluralità di mondi paralleli ma non ancora interoperabili.

Il colosso delle consulenze McKinsey – stando a un report del 2022 – sostiene che definire il metaverso sia “definire l’indefinibile” e che proprio in forza di questa indefinibilità sia tenuta viva la vena immaginativa e creativa di programmatori e utenti. Il nerd si lancia oggi in una sfida creativa, sempre aperta in ragione dell’ineffabile. Eppure, fra i tratti accomunanti i tanti mondi paralleli, dai metaversi vengono fuori caratteristiche precise. Si può dire, sostiene ancora Arcagni, che il metaverso sia: artificiale (elaborato in computer graphic, CGI o in fotogrammetria 3D solida); immersivo (essendo l’utente non davanti ma dentro il “gioco”); interattivo (abitato da entità quali chatbot o intelligenze artificiali); responsivo (dacché risponde ai passaggi degli utenti), condiviso (tutto quanto è immesso nell’ambiente vi rimane).

Fra nerd e geek. La nuova élite

Questo nuovo mondo chimerico (in parte social network, in parte videogioco, in parte imperscrutabile) pone le basi per una riconfigurazione – in atto da tempo ma oggi più esplicita – del ragazzo nerd.

Con questo popolarissimo termine inglese-americano, la cui fama si deve a un film del 1984 (“La rivincita dei nerd”), si è a lungo descritto l’adolescente poco propenso alle relazioni sociali. Termine accostabile – talvolta sovrapponibile – a geek: l’eccentrico giovane con smanie intellettuali e con spiccate propensioni tecnologiche. Per comprendere come questi attori del consesso umano – un tempo respingenti – abbiano davvero plasmato il mondo, è sufficiente ricordare la parabola dello stesso Mark Zuckerberg. Il padre dei social network che nell’ottobre 2021 annunciava l’avvento di Meta – cui seguiranno ben noti alti e bassi – era appunto chiamato “geek” ai tempi dell’università, quando la passione per Virgilio e per la storia imperiale romana si innestavano al tecno-ottimismo che di lì a poco avrebbe rivoluzionato le nostre vite, portandolo a concepire un impero, sì, ma digitale. Lo snodo che Zuckerberg e i suoi eredi annunciano oggi fa un passo in avanti: non più nel mero digital ma nel phygital. In quella realtà “figitale” che mescola il virtuale a sensazioni vivide. Rese tali da una dimensione agonistica, competitiva, in tutti i sensi “vitale” del social a venire.

Il metaverso – o i metaversi – pongono in questo senso una luce ancora più smagliante sulla figura del nerd, in considerazione del fatto che il mondo “virtuale” non è più al di là di uno schermo. Esso è nell’immersione e nei codici del videogioco. Il social nuovo acquisisce – almeno nelle prospettive che lo vorrebbero ubiquo al pari di Facebook o WhatsApp – i tratti tipici del gioco, laddove l’utente diventa homo ludens. Ed è questo un punto da tenere a mente anche perché, ricorda Alessandro Aresu nel numero di Limes di gennaio 2023, “dagli anni Novanta i videogiochi sono divenuti un sorprendente serbatoio di classe dirigente”.

Se in ragione di ciò in Silicon Valley gli investimenti sulle piattaforme di gioco sono andati avanti a gonfie vele e se i metaversi saranno videogiochi alla portata di tutti, allora non sembra assurdo porre il tema non solo di una nuova antropologia o estetica del nerd. Ma anche di un’umanità dove i nerd – sentinelle di un nuovo mondo “immerso” – non possano essere riconosciuti come nuova élite. A ben vedere, lo sono già.

 

Credits Copertina: Christopher Gower su Unsplash