14.10.2022 Anna Giurickovic Dato

Il tempo libero: evoluzione di un concetto

Interrogarsi, oggi, sul tempo libero significa ripensare i confini e i contenuti di un concetto in profonda evoluzione. Nel 1930, John Maynard Keynes profetizzava che, cent’anni dopo, le future generazioni avrebbero dovuto confrontarsi con un grande problema: la gestione del tempo libero.

Poco più tardi, il futurista Herman Kahn, immaginò che la società del duemila, paga di una quantità debordante di tempo libero e per questo orientata al mero raggiungimento del piacere, si sarebbe angustiata nella ricerca spasmodica del senso della vita. Le proiezioni, in ogni caso, dipingevano il futuro dell’Occidente come privo di problemi economici, poiché le macchine avrebbero prodotto un’esorbitante ricchezza.

Il presente non conferma i pronostici, ma è in grado, quantomeno, di riaffermare la dimensione problematica che il tempo libero potrà avere nel prossimo futuro. Una prospettiva che si capovolge rispetto a quella tipica della società che va dissolvendosi: dal poco al troppo tempo libero, dal come averne di più a cosa farne, dallo Statuto dei lavoratori allo stato dei non occupati.

L’automatizzazione del lavoro e la “disoccupazione tecnologica”, il processo di invecchiamento della popolazione e la necessità di promuovere nuovi modelli assistenziali e culturali che arginino il rischio di isolamento sociale, lo smart working prima imposto e poi desiderato, la progressiva riduzione del lavoro dipendente in favore di quello autonomo, le “grandi dimissioni” e una generale rivalutazione delle priorità sono fenomeni che non possono e non potranno evitare una rivoluzione di paradigma della nostra società e dei nostri stili di vita.

Davanti a questa prospettiva, diviene essenziale interrogarsi su come il tempo libero sia, oggi, concettualizzato e organizzato e sul modo in cui l’ordinamento del futuro dovrà rispondere alle esigenze emergenti.

Al di là delle concezioni più risalenti – dall’otium, come tempo di astensione, al licere, come tempo che resta, dal tempo libero individuale a quello collettivo – e al di là delle considerazioni di valore – dal tempo dedicato alla cura dello spirito, alla formazione, alla speculazione culturale, alla ricerca del piacere, al tempo vuoto, inattivo, sintomo di inettitudine o, addirittura, di accidia – in epoca moderna è prevalso un concetto di tempo libero unidimensionale, osservato in contrapposizione al tempo lavorativo.

L’accostamento, oggi, ci appare talmente naturale che di rado riflettiamo su come la definizione della prima nozione si riduca, spesso, in un negativo della seconda. Così, il tempo libero finisce per confondersi con il “diritto al riposo”, mentre poca rilevanza assume la qualità della vita implicata nel riposo. Il prevalere di una interpretazione costruita in relazione al tempo di lavoro, svuota il concetto di tutte quelle sfumature che vorrebbe e potrebbe contenere e che emergono se lo si pone in relazione ad altri tempi sociali, come dormire, mangiare, spostarsi, formarsi, impegnarsi nella qualificazione professionale o nella ricerca esasperata di un’occupazione, dedicarsi alla cura di anziani, bambini, malati o, semplicemente, alla famiglia.

La dimensione problematica contemporanea – e futura – del tempo libero è il risultato, quindi, di una complessificazione: non la sola lotta per ottenerne di più, non solo la corsa alla flessibilizzazione degli orari, ma anche la pretesa a che la sfera pubblica si occupi di costruire strumenti e occasioni che possano riempire il tempo vuoto, nonché di offrire i servizi adeguati affinché individui di ogni estrazione sociale e età, provenienti dai centri o dalle periferie, e “titolari” di porzioni di tempo libero, possano effettivamente goderne. Si tratta, innanzitutto, di demarcare il “diritto al tempo libero”, tenendo conto di tutti i tempi sociali e residuali (cioè extra-lavorativi) e di assicurare, poi, che questo sia esigibile e concreto.

Nell’ottica di valorizzare la tutela del tempo libero non solo da un punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, diventa chiaro il ruolo fondamentale che assume la città: le distanze, il traffico, le carenze dei trasporti, la mancanza di spazi comuni ricreativi organizzati, la scarsa offerta sociale e culturale, l’inefficienza delle infrastrutture. La tutela del tempo libero non potrà prescindere, infatti, da un’urbanistica per la ricreazione, ed è in questa direzione che andranno costruite o implementate le “città del futuro”.

Il tempo è ricchezza, ci hanno insegnato Virgilio e Orazio, Francis Bacon e Benjamin Franklin, i proverbi popolari e la mentalità capitalista. Oggi possiamo provare a ribaltare la questione e chiederci se un tempo libero privo di tutele non possa essere fonte di esclusione sociale e, quindi, di povertà. È un quesito politico, perché senza un diritto al tempo libero sono molti i diritti che divengono, sostanzialmente, inesigibili, primo tra tutti proprio quello a una partecipazione politica attiva e continuativa.

Approfondimenti e citazioni:

Sir Francis Bacon, Essayes

Maria Carmen Belloni, voce Tempo Libero, in Enciclopedia Treccani delle scienze sociali, vol. VIII.

John Maynard Keynes, discorso su “Economic Possibilities for our grandchildren”, Madrid, 1930, poi inserito negli Essays in Persuasion, Collected writings, IX.

Domenico De Masi, Il lavoro nel XXI secolo

Domenico De Masi, Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente.

Papa Francesco, Udienza generale del 5 giugno 2013 sulla “cultura dello scarto”

Benjamin Franklin, Advice to a Young Tradesman

V. Gasparini, voce Tempo (organizzazione sociale del), in Enciclopedia delle scienze sociali, vol. IX, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma, 2001.

V. P. Lafargue, Il diritto all’ozio, Feltrinelli, Milano, 1982

Orazio, Odi

Vincenzo Paglia, L’età da inventare

Giancarlo Ricci, Tempi di lavoro e tempi sociali. Profili di regolazione giuridica nel diritto interno e dell’UE, Giuffè, Milano, 2005.

Virgilio, Georgiche

 

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