23.03.2020 Luciano Violante

Le parole per il dopo / Il senso della fiducia 

Ci sarà il dopovirus. La vita riprenderà a scorrere e dovremo ricostruire.

L’emergenza è una condizione eccezionale; ma è nelle condizioni eccezionali che si misurano le capacità di un popolo e delle sue istituzioni. Lo vedemmo ad esempio dopo la guerra e, molti anni dopo, durante il terrorismo. L’emergenza riconosce i meriti, impone di selezionare le priorità, fa prevalere gli obbiettivi sulle procedure. Cessata l’emergenza, la vitalità riprenderà i propri spazi; l’Italia riprenderà a produrre, a costruire, a inventare, a insegnare. Il governo dovrà aiutare in tutti i modi il nuovo inizio. Bisogna prepararsi ora. Perderemmo tempo prezioso se per decidere il da farsi attendessimo la fine dell’epidemia, con il rischio di tornare prigionieri degli antichi difetti. Perciò sarebbe necessario che il governo costituisse adesso una task force per il futuro: occorre mettere in ordine tutto quello che l’epidemia ci ha insegnato e ci sta insegnando, mettere a punto i progetti per far ripartire le imprese, la scuola e l’università, la ricerca; portare nelle Ue un coraggioso progetto di riforma fondato sulla base di ciò che ci hanno insegnato le fragilità di questi mesi. Il futuro va preparato con Regioni, sindaci delle grandi città, imprenditori, sindacati. Non dobbiamo perdere il patrimonio di unità di azione che si sta faticosamente costruendo. Il problema principale è liberare le attività produttive dai lacci imposti dai principii di sospetto e di sfiducia. Negli ultimi anni è fiorita una legislazione che ha penalizzato chiunque facesse qualcosa. Gli indirizzi sono stati il sospetto nei confronti delle classi dirigenti, la decrescita felice, la esasperata sorveglianza delle imprese da parte dei poteri pubblici.

Se dopo il virus vogliamo riprenderci occorre abbandonare queste infernali ideologie e mettere in campo fiducia, fiducia e ancora fiducia.

A Genova stanno ricostruendo il ponte senza scudi penali, con la deroga al codice degli appalti e con accorgimenti procedurali che hanno ridotto drasticamente i tempi. Ha prevalso la fiducia. È stata sconfitta la sfiducia nei confronti dei cittadini che è stata instillata da miriadi di leggi, ordinanze, decreti, tutti ispirati al principio che per costruire una società onesta bisogna prima distruggere l’esistente e poi attendere che, come gigli di campo, le virtù fioriscano. La prima parte di questo programma era a buon punto prima del virus; ma non si sono mai visti i segnali dell’avvento della seconda parte. Della fiducia dovrebbe far parte il riconoscimento per tutti coloro che in questi mesi si stanno prodigando per gli altri con sacrifici e rischi; alcuni di loro hanno pagato con la vita. La gratitudine deve durare nel tempo, anche quando questa fase sarà terminata; altrimenti prevarrebbe il cinismo e sarebbe più difficile ricostruire.

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera 23 marzo 2020

In copertina: Luce tricolore sul ponte Morandi a Genova: un messaggio di speranza nella lotta al coronavirus