L'innovazione avanza, ma con l'uomo al centro

Il direttore di Civiltà delle Macchine, Marco Ferrante, illustra il nuovo numero della rivista

Intelligenza artificiale, regolamento europeo AI Act, cambiamenti degli equilibri geopolitici legati allo sviluppo tecnologico. C’è tutto questo e non solo nel nuovo numero di “Civiltà delle Macchine”, la rivista di Fondazione Leonardo che quest’anno compie 71 anni. 

All’interno una lunga intervista a Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo SpA (socio unico della Fondazione), che parla dei cambiamenti nel mondo alle prese con le transizioni digitale, energetica e ambientale, e della visione che un’impresa tecnologica propone alla comunità in cui opera. “L’uomo è più forte dell’IA” è il titolo di questa conversazione sulla visione e sul ruolo delle grandi imprese in un momento di globale trapasso tecnologico e culturale. 

Luciano Violante spiega la filosofia che ha ispirato i primi cinque anni della Fondazione Leonardo, di cui è presidente, diventata Ente del Terzo Settore. Helga Cossu, direttrice generale della Fondazione, illustra il progetto Outreach – produzioni digitali nelle materie STEM, scienza, tecnologia, ingegneria e matematica – e gli obiettivi per i prossimi cinque anni.

Abbiamo intervistato Marco Ferrante, direttore di “Civiltà delle Macchine”, che ci ha anticipato gli argomenti e ha parlato del regolamento europeo, unico al mondo, sull’intelligenza artificiale: “Il punto – ha detto - è capire se la norma può effettivamente stare dietro alla velocità dei cambiamenti e delle trasformazioni del settore”.

Una grande rivista culturale, un luogo di incontro e dialogo tra scienza e umanesimo. Una piattaforma di confronto tra scrittori, scienziati, artisti chiamati a discutere della modernità. Dopo settant'anni è ancora tutto questo “Civiltà delle macchine”?

Sì, è ancora tutto questo con un piccolo cambiamento. “Civiltà delle macchine” nasce all’inizio degli anni ’50, quando le macchine erano quelle analogiche, il massimo dell'espansione del modello fordista. Oggi la macchina è quella digitale, cioè questo colosso che si sviluppa a una velocità molto intensa e con cui noi uomini dobbiamo fare i conti. C'è anche un cambio di paradigma tra il tangibile e l’intangibile. Questo processo di resurrezione c'è, però poi al dunque il meccanismo è lo stesso. I processi di produzione oggi sono più immateriali, però da chi dipendono? Nel numero proviamo a dire proprio questo e cioè che l'uomo è al centro dello sviluppo. Conta molto più l'uomo della macchina, e la macchina sempre dall'uomo dipenderà.