09.03.2021 Serena Ricci

La giustizia ambientale come elemento imprescindibile

Il significato di giustizia ambientale è cambiato nel tempo e può differire a seconda dei contesti cui viene associato.

L’Environmental justice (EJ) è scaturita da un movimento originato dalle proteste degli anni '70, portate avanti da gruppi comunitari statunitensi, diretto a contrastare il ripetuto posizionamento di fabbriche inquinanti e di smaltimento dei rifiuti tossici in quartieri prevalentemente neri e presso le riserve delle popolazioni indigene. Attualmente l’EJ si occupa dell'equa distribuzione tra i gruppi sociali della qualità ambientale. Secondo l’Environmental Protection Agency (EPA), creata su proposta del Presidente Nixon e attiva dal 2 dicembre 1970, la giustizia ambientale mira al trattamento equo e al coinvolgimento di persone di tutte le razze, redditi e livelli di istruzione nello sviluppo, nell'attuazione e nell'applicazione di programmi, leggi, regole e politiche ambientali che implicano giustizia a livello distributivo. A tal fine nessun gruppo di persone dovrebbe sopportare una quota sproporzionata delle conseguenze ambientali negative derivanti da operazioni o politiche industriali, governative e commerciali. Tuttavia la principale criticità non è la correttezza della definizione quanto il fatto che la scelta della stessa ha effetti conseguenti sulla formulazione, sull'attuazione e sulla valutazione delle politiche di giustizia ambientale e delle ricerche di rilevo per le decisioni. Dal momento che "Stiamo solo prendendo in prestito il mondo dai nostri figli" (come ha ricordato il Capo indiano Seattle nel suo discorso all’Assemblea Tribale del 1854), dovremmo evitare di provocare il degrado ambientale (foriero di ingiustizie per le generazioni future) al solo fine di conseguire, nel presente, guadagni economici a breve termine. Non c’è giustizia ambientale sia quando i rischi e i benefici non sono distribuiti equamente nella popolazione, sia quando non c’è un equo accesso alle risorse naturali e agli investimenti per l’ambiente. Molte aree del nostro Paese sono afflitte da un’ingiustizia ambientale diffusa, dal momento che vi abitano popolazioni più esposte all’ inquinamento ma che, pur essendo più vulnerabili, non godono di maggiori benefici. Esistono siti di interesse nazionale che da anni sono in attesa di bonifica, nei quali risiedono circa sei milioni di persone correndo rischi per la loro salute.

Gaël Giraud, economista, da poche settimane al timone del nuovo Centro per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington, con le sue parole ha ispirato il nostro nuovo dicastero della Transizione ecologica: ” In questa quarta rivoluzione industriale abbiamo bisogno di un’industria a bassa tecnologia che risparmi energia, minerali, acqua e biomassa e per questo abbiamo bisogno del progresso tecnologico.” La transizione ecologica, che secondo Giraud rappresenta la salvezza dei poveri, consiste nel rinnovamento termico degli edifici e nella mobilità verde, che consentono un incremento dei posti di lavoro. La transizione ecologica, che si propone l’obbiettivo di evitare o di ridurre le alterazioni dannose che le attività umane producono nell’ambiente naturale, dovrebbe garantire la giustizia ambientale. I nostri cugini francesi che ci si sono già cimentati negli ultimi anni, si sono arenati a causa di una divergenza di vedute tra il Presidente Macron e Nicolas Hulot, ex ministro di Stato nel dicastero per la Transizione ecologica e solidale, dimessosi nel 2018. Per fare tesoro degli errori commessi in Francia, come dichiarato da quest’ultimo in una recente intervista, è fondamentale che “chi già oggi è più colpito dalle alluvioni e dall’inquinamento, perché è economicamente più debole non può essere colpito una seconda volta dalla transizione ecologica. Così come chi produce beni e servizi a discapito della giustizia ambientale e sociale non può essere premiato”. 

Dunque la nostra politica di transizione ecologica, per godere anche del sostegno europeo, non può prescindere dal garantire la giustizia ambientale, realizzando un riequilibrio di equità, prevedendo risorse ad hoc per interventi di prevenzione primaria, concentrati in situazioni riconosciute a maggior rischio.