22.11.2023 Massimo Falcioni

L’Intelligenza artificiale non si ferma: Sam Altman prima disarcionato, poi richiamato Ceo di OpenAI

La conferma che l’IA, l’intelligenza artificiale, non sia più solo un tema scientifico ma oramai un tema di interesse generale, viene anche dal rimbalzo mediatico internazionale dato in queste ore alla questione OpenAi-Sam Altman

Tutto è partito dal licenziamento di Samuel Harris Altman. Fino a venerdì scorso Sam Altman, genio informatico 38enne di Chicago, è stato Ceo di OpenAI, la società valutata 86 miliardi di dollari a cui fa capo ChatGPT, che lui stesso aveva contribuito a fondare con Ilon Mask (poi dimessosi nel 2018). Le motivazioni del perché Altman è stato estromesso dal Cda di OpenAI non erano chiare ( in una nota c’era scritto: “Non era sincero nelle comunicazioni con il suo Consiglio”) ma è evidente che derivavano dalle divergenze strategiche sugli sviluppi futuri dell’Intelligenza Artificiale avanzata. Ebbene, proprio in queste ore, seguendo la parabola del figliol prodigo, Sam Altman è tornato alla guida, come ceo, di OpenAI. Ad annunciarlo è stato un comunicato di OpenAI. L’accordo prevede che il ceo sia affiancato da un nuovo board inizialmente composto da Bret Taylor, Larry Summers e Adam D'Angelo.


Dopo la decisione del cda di licenziare Altman centinaia di dipendenti di OpenAI, società madre di ChatGpt, avevano firmato una lettera in cui minacciavano di lasciare l'azienda a meno che tutti gli attuali membri del consiglio di amministrazione non si fossero dimessi. Altman, anima e volto di ChatGPT, è considerato il profeta e il leader della nascente rivoluzione dell’intelligenza artificiale, la disciplina che studia se e in che modo si possono realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano. Detto in due parole, l’IA è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione, la creatività. Da ciò si capisce quanto l’AI, peraltro già usata “in modo semplice” a supporto dell’attività umana, sia centrale per la trasformazione digitale della società, portando cambiamenti straordinari nella vita quotidiana di tutti. Grandi potenzialità ma anche grandi rischi. L’IA, in negativo, viene ad esempio già utilizzata dalla Russia di Putin come arma di disinformazione nel conflitto Israele-Hamas. Sono stati scoperti oltre 6000 account che generano circa 30.000 post sulla guerra, con l’intelligenza artificiale usata per scrivere testi di propaganda in molte lingue per i tweet. Ma questo è niente rispetto a quel che l’IA può fare, una bomba H moltiplicata all’infinito, secondo i suoi non pochi detrattori.

Fonte: Freepik.com

Tornando al fatto del giorno, cioè al licenziamento e al reintegro di Sam Altman si può dire che, senza Altman, OpenAI non avrebbe potuto reggere e ChatGPT sarebbe saltata. Il consiglio d’amministrazione aveva motivato la sua scelta perché: “Non ha più fiducia nella capacità di Altman di continuare a guidare OpenAI”. Ma il 95% degli 800 dipendenti aveva subito minacciato di andarsene se il consiglio di amministrazione non si fosse dimesso e se Altman non fosse rientrato. Qui non tiene il refrain che “tutti sono utili ma nessuno è indispensabile” perché, come già ribadito da tanti: “OpenAI non esiste senza il suo fondatore e senza le persone che sono con lui”. Ecco perché la società emblema dell’Intelligenza Artificiale generativa, quella che per prima ha lanciato un chatbot capace di interagire con gli esseri umani ponendosi al loro livello, ha rischiato davvero di scoppiare come bolla di sapone. Ma era chiaro sin dall’inizio che era ed è Altman ad avere il coltello dalla parte del manico: poteva subito fondare una nuova azienda assumendo ex dipendenti di OpenAI con sponsor già in fila con assegni in mano, a cominciare da Microsoft (la multinazionale statunitense d’informatica creata da Bill Gates e Paul Allen nel 1975 che oggi conta 238 mila dipendenti e vanta un fatturato attorno ai 200 miliardi USD) principale azionista di OpenAI dove ha fin ora investito 13 miliardi di dollari. Stesso discorso vale per la società di venture Thrive Capital, secondo maggior azionista della società, che si muove sullo stesso binario di Microsoft con l’obiettivo di avere Altman sulla tolda di comando di OpenAI. Tutto è bene quel che finisce bene. Quello che è successo e sta accadendo relativamente alle questioni Altman-OpenAI-Microsoft porta comunque alla luce uno scontro fin qui per lo più sotterraneo su cos’è oggi l’AI e, soprattutto, cosa sarà e dovrà essere domani. Vengono cioè a nudo le contraddizioni di una svolta tecnologica pressata tra la necessità di accelerare a passi forzati e quello di procedere cum iudicio, in piena affidabilità e totale sicurezza, tra esigenze di business e mire umanitarie e benefiche. Sono questioni molto complesse con nodi intricati che invece di sciogliersi, si stringono sempre più.

Quel che è successo e sta succedendo in OpenAI e dintorni dimostra la complessità e la difficoltà di governance dell’AI. Come trovare un rapporto equilibrato e sostenibile fra gli obiettivi umanistici e di lungo termine con le esigenze di business immediate o di breve termine. Pare che Altman sia pienamente convinto sulla positività e sostenibilità di questa rivoluzione tecnologica, impegnato a rendere operativo tale equilibrio, consapevole dei rischi ma certo del valore e della scossa dell’IA per la Terra e i suoi abitanti. Le turbolenze di OpenAI e dintorni, appena superate, avranno comunque impatti in tutto il settore, e anche oltre, aprendo ad altre riflessioni, a nuovi approfondimenti. 

Tuttavia, niente e nessuno, potrà fermare lo sviluppo complessivo delle nuove tecnologie AI. Ciò significa che il livello della sfida dell’AI si alza ancora per un futuro che è già oggi.

 

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