14.07.2022 Camilla Povia

I primi attimi dell'universo

C’è anche il contributo di Leonardo nell’immagine dello spettacolare quintetto di galassie, noto come lo ‘Stephan’s Quintet’, che è stata diffusa nei giorni scorsi grazie al lavoro del telescopio spaziale James Webb. 

A garantire la messa a fuoco dello ‘spettrometro infrarosso NIRSpec’ è infatti uno strumento realizzato da Leonardo negli stabilimenti di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.

Parliamo dello straordinario progetto frutto della collaborazione tra Nasa, Agenzia Spaziale Europea e Canadese che ha preso il via a Natale 2021 con il mastodontico telescopio spaziale James Webb che sarà in orbita per 15 anni per studiare stelle e prime galassie che si sono originate con il Big Bang. L’Italia partecipa al primo anno di osservazioni scientifiche del nuovo telescopio anche in virtù di sette progetti guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), due dall’Università di Milano-Bicocca e uno dalla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Ne abbiamo parlato con Stefano Carniani, 33 anni, laureato in Fisica e Astronomia all’Università di Firenze, ricercatore alla Scuola Normale di Pisa e ora a capo del progetto di osservazione spaziale che partirà a dicembre.

“Il nostro progetto prevede 18 ore di osservazione su 3 galassie molto lontane, esattamente 13 miliardi di anni luce da noi, e le immagini che ci consegnerà il James Webb ci diranno i primi attimi di formazione dell’Universo”.

Stephan’s Quintet – NIRCam and MIRI imaging. Credits: NASA, ESA, CSA, and STScI

Nel frattempo in tutto il mondo iniziano ad arrivare le prime immagini e sono incredibili per ricchezza di colori, particolari e giochi di luce.

“E’ solo un antipasto di quello che si potrà realmente fare, ovvero lo studio approfondito dell’atmosfera di alcuni pianeti fuori dal sistema solare, l’analisi di intere zone di formazione stellare e di regioni dove invece le stelle stanno morendo. Stiamo iniziando a vedere l’Universo profondo e a raccogliere i primi frutti di vent’anni di lavoro”.

Il precedente telescopio spaziale, Hubble, era principalmente adatto a osservare nella banda visibile, mentre adesso si ottengono immagini nell’infrarosso.

“E’ così, grazie alle potenzialità del James Webb abbiamo una visione diversa sia dell’universo vicino che di quello lontano. In alcune immagini che stanno arrivando, per esempio, abbiamo notato delle stelle che prima non erano mai state scoperte perché oscurate dalla polvere. Ora si riesce ad andare oltre alla coltre di polvere e a identificare stelle mai viste. In tutte le immagini compaiono anche nuove galassie e questo significa avere a disposizione migliaia di dati da analizzare”.

Quando sarete in grado di comunicare i primi risultati?

“Abbiamo stimato un anno per l’analisi dei dati che arriveranno dalle immagini del James Webb. Sarà la parte più importante del nostro progetto perché saremo in grado di stabilire con esattezza la genesi delle galassie. Il tempo è dalla nostra parte: inizialmente, infatti, il telescopio era stato progettato per restare in orbita 5 anni ma visto che il lancio è andato benissimo si suppone che riuscirà a osservare l’Universo per ulteriori 10 anni”.