08.09.2022 Alessandra Fassari

James Webb Space Telescope: uno storytelling mitico-ancestrale ai confini dell’Universo

Stelle, galassie ed esopianeti, perfino capre che diventano satelliti, nello storytelling mitico-ancestrale catturato da James Webb Space Telescope, il portentoso telescopio di casa NASA, stella fra le stelle dal Natale 2021.

Un album evanescente e surreale ai confini dell’Universo, come mostra la Webb’s First Deep Field, prima attesissima foto, dagli effetti mai così spiccati su immagini precedentemente restituiteci dallo spazio. Nebulose, asteroidi e lune cedono il passo a nuove rivelazioni metaspaziali e metatemporali, immagini che giungono una dopo l’altra in un crescendo di scatti di cui persino Amalthea, la capra nutrice di Zeus, diviene protagonista, catapultata dal monte Ida al nostro sistema solare in quell’oceano di meraviglia che il JWST ci offre da quando si libra nel cosmo a dispetto dei suoi predecessori implumi o dello stesso Hubble. 

Webbìs First Deep Field. Credits Image: NASA, ESA, CSA, STScI

Quest’ultimo, lanciato il 24 aprile del 1990 sempre su progetto NASA, di “lune” ne aveva viste, ma non era mai riuscito ad andare oltre, trattenuto nello spettro del visibile e dell’ultravioletto. E se anche l’occhio vuole la sua parte, ora, grazie al James Webb Space che indaga gli infrarossi in modo assolutamente avanguardista, ce l’ha: immagini certosine danzano come dipinte su tele cosmiche, mentre dettagli inaspettati fanno da corollario a teoremi mai verificati.

Lunghezze d’onda e artefatti ottici regalano sei punte alle stelle, con quello stesso brillio della WR 140, che ogni bimbo -seppur ignaro- avrà disegnato almeno una volta in giallo sul proprio cielo di carta. Un luccicare già noto al più comune immaginario fiabesco ed altrettanto noto agli antichi Egizi, come rivelano le rappresentazioni pittoriche del cielo identificato con la dea Nut, grande madre e simbolo di rinascita assoluta.

WR 140 Image Credit: NASA, ESA, CSA JWST MIRI & Ryan Lau et al. Image Processing: Meli_thev

E se i pianeti extrasolari sono noti da tempo, sempre guardati -per così dire- di sghimbescio, oggi si lasciano ammirare senza filtri, mentre danzano attorno ad una stella che non è la nostra. 

«Questo è un momento di trasformazione, non solo per Webb ma anche per l’astronomia in generale», ha affermato -infatti- Sasha Hinkley in riferimento alla recente scoperta di Hip 65426 b, un esopianeta gassoso già noto dal 2017, che oggi, grazie al telescopio James, fa scuola su nuovi metodi d’osservazione diretta.

Così, mentre James continua il suo viaggio in un crescendo di rivelazioni e l’esopianetologia apre nuovi scenari alle scoperte future per il gaudio degli addetti ai lavori, i bimbi dal canto loro -con buona pace di Antoine de Saint-Exupéry, il più poetico fra gli aviatori- si pongono una sola domanda: “Ma l’asteroide B 612 esiste davvero?” (Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry, prima ed. italiana Bompiani, 1949). 

 

Credits Copertina: Aldebaran S su Unsplash