23.06.2020 Francesco Pontorno

Nuove tecnologie, infrastrutture e competenze digitali: è il momento di investire per le nuove generazioni

L’economista Veronica De Romanis: “ Bisognerebbe creare un bilancio post covid capace di destinare risorse lì dove c'è davvero bisogno per costruire il futuro”

Dopo l'articolo di Alessandro Profumo apriamo il confronto con le istituzioni, l'impresa, la politica e la cultura. Ecco l'intervento di Veronica De Romanis.

Veronica De Romanis ha studiato economia all’Università La Sapienza di Roma e alla Columbia University di New York. Insegna Politica economica europea alla Stanford University (The Breyer Center for Overseas Studies) a Firenze e alla luiss Guido Carli di Roma.

Siamo nel post-covid, possiamo ridisegnare la politica industriale italiana. Dove eravamo e dove dobbiamo andare?

Condivido le parole di Alessandro Profumo, il momento che stiamo vivendo rappresenta una cesura storica. Abbiamo vissuto in equilibrio instabile e il covid ha messo in evidenza i problemi antichi a cui non abbiamo trovato soluzioni. Ora non possiamo più temporeggiare. Dobbiamo affrontarli, con decisione e coraggio. Il nostro Paese ha il secondo debito più elevato della zona euro che ha finanziato nel tempo una spesa pubblica troppo orientata alla previdenza (anche se i dati ci dicono che gli anziani sono stati meno penalizzati dei giovani) e troppo ridotta per sanità e politiche sociali.

Quale direzione andrebbe data alla spesa pubblica?

Dal punto di vista macroeconomico, è necessario effettuare una ricomposizione del bilancio pubblico. Bisognerebbe creare un bilancio post covid capace di destinare risorse lì dove c'è davvero bisogno per costruire il futuro. Servono risorse per proteggere chi ha più bisogno, ma anche per permettere di crescere. Bisogna puntare a una crescita sostenibile e favorire gli investimenti che negli anni sono stati tagliati.

Nei mesi di emergenza c'è stato un progresso nella trasformazione digitale del Paese?

Sì, ma è necessario mettere in evidenza alcuni dati. Un quarto delle famiglie italiane non ha accesso alla rete. Questo ha comportato che durante il lockdown circa un milione e ottocentomila studenti sono stati tagliati fuori dalla scuola. Il costo in termini di maggiore ineguaglianze è davvero significativo. Quindi abbiamo senz'altro fatto un salto tecnologico, ma non tutti hanno potuto prendervi parte. L'indicazione in questo caso è quella di aumentare l'investimento in nuove tecnologie, infrastrutture e competenze digitali a favore delle nuove generazioni.

La scuola, l'università, la ricerca.

Esatto, le scuole vanno riaperte il prima possibile in sicurezza, ovviamente. Nel medio medio e lungo termine bisognerà investire in educazione. Siamo al penultimo posto nell'UE per numero di giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno un titolo di studio universitario e per quanto riguarda il numero di neet (giovani che non studiano e non lavorano) siamo i primi. Non prepariamo bene i nostri giovani, non li invogliamo all'università e perdiamo una categoria di persone fondamentale per il futuro di tutti. Nella ricerca investiamo la metà della media dell'area euro e questo emerge dai nostri ricercatori che vanno all'estero. Anche in questo caso sono d'accordo con Profumo e aggiungo che la ricerca è uno dei pilastri del recovery fund, dobbiamo approfittare di questo momento. Inoltre bisogna insistere con il sistema duale, ossia il sistema di alternanza scuola lavoro che purtroppo il primo governo Conte ha indebilito riducendone orari e fondi.

Qual è il modello che dovremmo seguire?

Il percorso lo indica l'Europa, possiamo importare il modello del programma Next Generation EU che si basa su solidarietà e responsabilità: fondi europei da destinare al rafforzamento del sistema economico e per rendere l'area europea più resiliente. In questa crisi l'Europa è scesa in campo con misure senza precedenti.

Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. © Commissione europea

E quale nazione sta facendo bene?

Senz'altro la Germania. Prima, durante e dopo. Non aveva i nostri stessi problemi nel pre-covid perché negli anni della ripresa ha creato grandi spazi fiscali che ora può sfruttare. Ha appena lanciato un piano di stimolo per l'economia da 130 miliardi di euro: in pochi giorni e senza dover organizzare Stati Generali come da noi.

Una misura che dalla Germania applicherebbe subito all'Italia?

La riduzione dell’IVA che per ora ha una natura temporanea. Sarebbe uno straordinario volano per i consumi nel nostro Paese e servirebbe a ridare fiducia ai cittadini, all'industria e persino alla politica. Per ora, il Governo ha solo evitato di fare aumentare l'IVA disinnescando le clausole di salvaguardia. Ancora una volta però lo ha fatto attraverso maggiore debito.