05.06.2020 Amelia Cartia

La caduta della natura. L'intima totalità dell'uomo e l'ambiente

Giornata mondiale dell'ambiente: se il cosmo è malato, è perché l'uomo non vuol essere re.

Prima che la sostenibilità divenisse imperativa prima che i ragazzi iniziassero a manifestare per il futuro della Terra al grido di “Our house is on fire”, prima ancora che nel 1974 venisse istituita la Giornata mondiale per l’ambiente, che ricorre oggi, prima di tutto c’era l’essere umano. E c’era il mondo.

Rapporto di dominio e di conflitto, raccontato nel 1989 da Philip Sherrard, filosofo e scrittore, nel testo “The rape of man and nature”, tradotto e curato in Italia nel 2012 da Eduardo Ciampi per Irfan, con il titolo di “Uomo e natura: storia di uno stupro”.

“La riflessione di Sherrard - esordisce Ciampi - ha un’origine culturale: nato nella cultura anglicana, si convertì sotto le armi all'ortodossia, in Grecia. In questa chiave si inserisce una visione cosmologica intesa come riflesso di una lettura trascendente. Lo stupro che appare nel titolo, e che vediamo ancora, non è solo l’intervento materiale dell’uomo sulla natura, ma anche dell’uomo su se stesso, della sua mentalità raziocinante sulla natura spirituale. È il tema biblico della Caduta: insieme alla spiritualità si perde ciò che Dante chiamava intelletto, inteso non come razionalità, ma come la parte più profonda e intima dell’umano, la sua totalità”.

Eduardo Ciampi

La Caduta: in Genesi l’uomo è posto come dominus sul creato, eppure il possesso è il contrario dell’amore, insegna Francesco nel Cantico delle Creature.

È una contraddizione che sta nell’esistenza, nel suo dualismo. Quando entra il possesso entra il veleno, anche nelle relazioni. All’uomo è stata data non la tirannia, ma la regalità sul creato. Il re è responsabile del suo regno. Se il possesso è responsabile, non è avvelenato.

Il lockdown ci ha portati a esultare per la natura che si riprendeva gli spazi lasciati vuoti da noi. Se vive l’uomo muore il creato, dunque, e viceversa: non è un equivoco?

Lo è, specie se prendiamo in considerazione le civiltà occidentali moderne. Se guardiamo ai nativi americani, gli Indiani, vediamo un’altra storia: lo sterminio, da parte di una cultura razionalistica e violenta, di una civiltà che prima di abbattere un albero - non per il gusto di farlo, ma per costruire - gli si riuniva intorno per un rito. Loro poi vivevano in tende: anche la contrapposizione tra stanzialità e nomadismo è un tema: se risaliamo all’origine, a Caino e Abele, è dalla sopraffazione dell’uno sull’altro che nasce il percorso lineare che va dallo stanzialismo, allo sfruttamento delle risorse naturali, alle lotte per il petrolio, alla bomba atomica.

Tutte le guerre si fanno per possedere la terra.

Basti pensare a come siamo passati dal “Ti guadagnerai il pane lavorando la terra”, alla ricerca delle risorse sotto la terra, scavandola.

È hybris: siamo andati oltre?

Questo paradigma è stato accettato, anche da un certo cristianesimo e dall’arte. Il punto di rottura è stato quest’altra Caduta: quando nel momento di massimo splendore culturale, l’Umanesimo, si è persa la sacralità e la simbologia del creato, per dare centralità all’uomo. Si dice “uscire dalla grazia di Dio”, no?

L’uomo misura di tutte le cose mette se stesso al centro, e perde l’Assoluto.

Ma l’Assoluto sa trovare la strada. Sherrard fa riferimento ai cicli tradizionali della cultura orientale: età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro. Dopo una rottura esisterà una ricostruzione. Il punto però è la superficialità. Un certo ecologismo moderno non ha un approccio molto lucido, poiché cerca di risolvere tecnicamente il problema, con strumenti pratici. Ma non va alla radice: se il cosmo è inquinato, è perché lo è l’uomo. È lui che ha rinunciato alla sua regalità.